Strette da un anno di chiusure e restrizioni, le imprese italiane hanno dimostrato una grande capacità reattiva.

Numerose le aziende riconvertite per far fronte alle nuove necessità imposte dal Coronavirus e che ora guardano al futuro.

L’emergenza sanitaria ed economica ha infatti imposto alle imprese di reinventarsi in fretta un nuovo modello di business: a dettare il passo, per certi versi, è stato lo stesso Covid dal momento che la necessità di mascherine, visiere, camici, gel igienizzanti, respiratori hanno spinto le aziende a cimentarsi in queste produzioni.

Brand del lusso e piccole imprese in campo per gel e mascherine

Dai grandi marchi alle piccole realtà, la riconversione ha attraversato in lungo e largo tutto il mondo imprenditoriale che non si è fermato e arreso ma ha dato una grande dimostrazione di reattività e resilienza.

Per soddisfare la crescente richiesta di dispositivi di protezione individuale e attrezzature medicali, le aziende di diversi settori, soprattutto tessile, della cosmetica, ma anche del comparto automobilistico, hanno cambiato “pelle” ai loro stabilimenti.

E così sfruttando le proprie competenze, le imprese della moda, per esempio, hanno iniziato a produrre mascherine, quella della profumeria a fare gel igienizzanti.

Tra i casi più noti, nel settore del fashion, quello dei brand di lusso, come Fendi, Armani, Gucci, Ferragamo, Valentino, ma anche Prada e Scervino, che hanno iniziato a confezionare mascherine e camici.

Oppure Calzedonia che ha riconvertito alcuni stabilimenti per produrre questi prodotti, mentre Bulgari, Davines, L’erbolario hanno avviato la produzione di gel igienizzanti.

Nel comparto del beverage, le aziende del settore hanno messo a disposizione l’alcol per la produzione dei gel.

Nel settore automobilistico, marchi come Fiat Chrysler e Ferrari hanno supportato l’italiana Siare Engineering nella produzione dei componenti e nell’assemblaggio dei ventilatori polmonari, mettendo a disposizione stabilimenti e ingegneri.

Singolare anche il caso di alcune aziende specializzate in stampa in 3D che hanno realizzato mascherine e caschi per la respirazione in terapia sub-intensiva.

Aziende che hanno investito sulla ricerca

Ci sono imprese che sono andate oltre le proprie competenze, investendo in progetti di ricerca e acquisto di nuovi macchinari.

Stando ai dati ufficiali, sono state oltre 900 le aziende che lo scorso anno hanno presentato la domanda a Invitalia per accedere agli incentivi del decreto “Cura Italia” per la convertire la produzione o potenziare la propria capacità produttiva.

Aziende riconvertite: chi resisterà al cambiamento

Rimanendo sempre nel campo dei numeri, stando a uno studio di Randstad Professionals, su 100 aziende che hanno convertito in tutto o in parte la propria produzione, il 60% è del settore tessile e moda mentre l’altro 40% è distribuito tra settore plastico, chimico, cosmesi, manifattura, medical devices e automotive.

Secondo questa analisi, la riconversione sarà a lungo termine nei settori della chimica e della plastica, dove con tutta probabilità la domanda resterà significativa e duratura, mentre nei settori della moda e automobilistico sarà temporanea.

La nuova sfida dei vaccini

A distanza di poco più di un anno da quando l’Italia è piombata nell’incubo dell’epidemia e superata la fase emergenziale relativa all’approvvigionamento dei dispositivi individuali di sicurezza, oggi si presenta, prepotente, una nuova necessità: quella di avere vaccini a sufficienza.

Le difficoltà degli approvvigionamenti e i ritardi sono sotto gli occhi di tutti, per questo il Governo punta a produrre “in casa” le dosi necessarie.

Le vie sono due:

  • la produzione vera e propria,
  • l’infialamento.

La prima sarebbe più difficile in quanto servono dei bioreattori che nel nostro Paese possiede una sola azienda a Siena.

La seconda appare più praticabile tanto che già diverse aziende farmaceutiche hanno iniziato a riconvertirsi.

Al momento sarebbero quattro le aziende disposte a produrre il vaccino direttamente o conto terzi ma l’elenco potrebbe allungarsi nelle prossime settimane.

L’iter non prevede tempi rapidi, ma entro l’autunno anche in Italia potrebbe cominciare la produzione.